Campitello Matese… un campo scuola da ricordare

Pubblicato giorno 14 dicembre 2018 - Archivio, Comunità... in uscita

 

Campitello Matese… un campo scuola da ricordare (26-31 Agosto 2018)

Un campo scuola si traduce quasi sempre in un risveglio dei sensi e dello spirito assuefatti alla routine quotidiana. Qui, il contatto diretto con la natura, il maggior tempo a disposizione, le attività motorie e ricreative permettono di vivere esperienze insolite a carattere sociale, dato che si condividono tempi e spazi e ci si affianca nei momenti del bisogno.

E’ un diverso camminare… un cercarsi… un ritrovarsi… insieme agli altri per riscoprirsi a vicenda.

Questo è, in sintesi, quanto anche noi abbiamo sperimentato in questi cinque giorni trascorsi a Campitello Matese.

Raccontare passeggiate, escursioni, scalate, cavalcate, corse sui prati o serate sotto le stelle non servirebbe a descrivere le emozioni, le sensazioni e i sentimenti provati o le osservazioni e le riflessioni maturate.

La lettura e il commento poi dell’esortazione di papa Francesco “Gaudate et exsultate”, con don Tonino, hanno fatto il resto, sicché tutti siamo ritornati a casa con bagagli più pesanti e con la valigia della fede stracolma, vale a dire che ognuno di noi ha tratto da quest’esperienza qualcosa in più da portare con sé, per poi condividere con gli altri, e tutti ci siamo arricchiti umanamente e cristianamente.

Ciò che più ci ha segnato è stata la vicinanza dei disabili, in soggiorno nel nostro stesso albergo: vederli ogni giorno arrancare, tra difficoltà e disagi, ci ha fatto riflettere sulla nostra condizione di persone normali, autonome ma non sempre appagate.

Ardua per tutti noi è stata la scalata del monte Miletto. Qui gli irti sentieri di ciottoli scivolosi ci hanno reso più difficile la salita, ma chi, come me, si attardava, inficiato dalla fatica e dallo scoraggiamento, è stato avvicinato da mani tese, pronte a tirarlo in avanti.

La conquista della vetta del Miletto ci ha riempito di gioia: sospesi tra terra e cielo, abbiamo provato l’ebbrezza della vittoria e la discesa ci è sembrata un niente.

Questa scalata è stata vissuta da noi come metafora della vita: più difficile è il cammino più bello è l’arrivo alla meta e sapere che nel momento di difficoltà c’è qualcuno che ci viene in aiuto, ci induce a sperare, a non scoraggiarci e a non arrenderci mai in una comunità di credenti.

Di certo al ritorno a casa ci siamo sentiti persi: abbiamo avvertito la mancanza dei luoghi e degli incontri, ma, come ha asserito Giuseppe, un compagno di viaggio, “Siamo andati in campo per essere più preparati a essere in campo”.

Dunque la vera scalata dell’anima inizia ora al nostro ritorno alla quotidianità se davvero vogliamo conquistare la vetta dello spirito, la santità, che pur è accessibile a tutti, se si ha forza e coraggio.

Anna Guarracino

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