Mese di Maggio: La forza del dialogo… tre esempi di autenticità (Fratelli tutti, cap.VI.
Pubblicato giorno 25 maggio 2021 - Archivio, Insieme si può, Riflessioni
La forza del dialogo… tre esempi di autenticità.
All’interno del capitolo VI -Il dialogo e l’amicizia sociale- ci sono multi spunti arricchenti e, in particolare, mi ha colpito il passaggio in cui il Papa dice: “Diversi punti di vista che dialogano possono portare a scoprire valori universali, verità che non mutano, sulle quali poter costruire la convivenza umana, e che nessun potente di turno può negare.
Un dialogo corretto può portare a un consenso su verità non necessariamente in contrapposizione.
Un dialogo che nasca dall’esperienza e dalla riflessione porta a riconoscere esigenze umane universali, come la dignità di ciascun uomo.
Le norme pratiche possono essere anche diverse, ma i principi morali fondamentali- sottolinea papa Francesco- sono riconoscibili attraverso il dialogo.
“La vita è l’arte dell’incontro” al di là delle differenze perché la società è un poliedro, non una figura piana.
“La pace sociale è laboriosa, artigianale” e ha bisogno dell’apporto di tutti.
Occorre sempre perciò “riconoscere all’altro il diritto di essere se stesso e di essere diverso” da noi.
Anche i grandi proclami dell’Illuminismo francese “Libertà, uguaglianza, fraternità”, se non sono effettivamente per tutti, rimangono inutili slogan.
È necessario infatti rispettare e assumere le diverse visioni del mondo, le culture e gli stili di vita che coesistono nella società e parlare a tutti con una lingua che tutti siano in grado di capire. Nella consapevolezza che nessuno possiede la verità intera, occorre quindi avere il coraggio di cedere qualcosa per il bene comune.
Il Papa conclude suggerendo di utilizzare delle armi semplici, ma potenti che aiutano il dialogo come “La gentilezza”.
Nel leggere queste parole e nel pensare ai dialoghi, me ne sono venuti in mente tre.
Il primo ha per protagonista Gesù.
Gesù è decisamente un maestro nell’arte del dialogo. Potrebbe quindi essere utile per noi questa sera vedere come lui dialogava, come riusciva a entrare in una profonda empatia con i suoi interlocutori, tanto che spesso il dialogo produceva cambiamenti anche radicali nelle persone che lo incontravano.
Parlando di dialoghi complicati mi è venuto in mente quello di Gesù con la Samaritana.
Quanti punti difficili tra i due!
Gesù è un Giudeo e la donna appartiene alla Samaria, è una Cananea: popoli diversi, culture diverse, storie religiose diverse e perché no in contrasto. E, come se non bastasse, Gesù è un uomo e la Samaritana una donna e se ci fermiamo a riflettere sul tempo storico ci rendiamo conto che questa non era una differenza da poco, e poi lei la Samaritana con storie difficili con gli uomini e per questo ancor più diffidente.
Un dialogo che parta da tali presupposti ha poche possibilità di riuscire a mettere in comunicazione due persone. Gesù e la Samaritana infatti parlano lingue diverse che generano vari fraintendimenti, eppure vedremo come attraverso continui aggiustamenti e riallineamenti i due riescano sorprendentemente a comprendersi e a trovare un terreno comune che finisce per arricchire entrambi. Gesù è deluso dalle difficoltà incontrate in Giudea ed è stanco per il viaggio; ha sete e chiede da bere alla giovane donna appena arrivata al pozzo ad attingere. La donna ha un carattere aperto e socievole e dopo un primo momento di diffidenza, che esprime con schiettezza (Come, tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono cananea?) inizia a scambiare con Gesù una serie di vivaci battute. Ben presto la diffidenza dovuta alla sua condizione di donna e samaritana approda all’empatia e poi alla piena fiducia. La donna infatti riesce pur con qualche difficoltà a seguire le riflessioni di Gesù che passa piano materiale a quello spirituale fino a toccare il suo piano personale. Anche Gesù, da parte sua, pur nella sua sete, nella sua stanchezza, nel suo trovarsi solo e in difficoltà in un paese straniero, non si chiude in se stesso, ma coglie l’occasione di incontro rappresentata dalla Samaritana.
Entrambi sono animati dal desiderio di comunicare.
Gesù sembra trovarsi molto a suo agio con la sua interlocutrice, sicuramente una donna anticonvenzionale, come dimostra il fatto che se ne va da sola al pozzo a mezzogiorno (le donne uscivano di solito al mattino e verso sera e sempre accompagnate). L’intesa diviene a poco a poco così profonda che Gesù arriva a svelarsi nella sua natura divina, cosa che faceva raramente. In un contesto di profonda avversione per le donne, che produceva una forte separazione fra i due sessi, Gesù intuisce che la straniera può capirlo, anche se non appartiene al suo popolo, perché egli si pone in un atteggiamento molto rispettoso nei confronti della donna che sta in piedi davanti a lui. Lei, d’altro canto, reduce da rapporti piuttosto problematici con gli uomini, che l’avevano probabilmente resa diffidente nei loro confronti, si mostra piuttosto interessata alle parole dello sconosciuto seduto presso il pozzo. Lo ascolta, non passivamente, ma in modo attivo; è capace di controbattere con grande franchezza, ma anche apertura, pronta a ricredersi dei suoi pregiudizi quando le parole del maestro la convincono.
Il secondo dialogo che mi è venuto in mente riguarda Maria ed Elisabetta.
Premesso che un dialogo non deve per forza essere fatto di parole, ma può anche essere fatto di soli gesti o principalmente di gesti e, pensando a Maria, come non riflettere sul suo incontro con Santa Elisabetta! La fatica del cammino, l’abbraccio il saluto ed il servizio reso a sua cugina, non sono forse una forma di dialogo?
Un dialogo che passa attraverso la cura la prossimità.
Io credo che Maria, donna che ha operato nel silenzio e nell’amore, ci insegni che per arrivare agli altri bisogna abbandonare le nostre comode posizioni, bisogna muoversi, mettere in discussione le nostre certezze e, come ha fatto lei con Elisabetta, essere pronta ad accogliere ed andare verso l’altro, mettendo a disposizione il proprio tempo, ma non solo, anche il proprio servizio. E qui mi vengono in mente i tanti costruttori di pace silenziosi che a volte sottovalutiamo: penso alle mamme che tengono insieme tante esigenze diverse ed anche ai papà che provvedono alle famiglie con il proprio lavoro… non sono beni scontati e non dovremmo dimenticarli.
Costruttori di pace e proprio quello che mi viene in mente se penso a San Francesco e al suo dialogo con il sultano nelle crociate, quando Francesco riesce a parlare e a connettersi con il cuore di quell’uomo, senza usare violenze né sopraffazione ma solo utilizzando il rispetto: è questo il mio terzo esempio di dialogo autentico.
La lettura di questo capitolo, infine, mi ha riportato ad una domanda… ad una provocazione che Don Tonino qualche domenica fa ha fatto a gran voce riprendendo la parole di Dio dell’antico testamento e cioè: “Dov’è tuo fratello? Che ne hai fatto?” Sentire queste parole mi fece riflettere e quando poi ho letto “Fratelli tutti” ho sentito, in particolare in questo capitolo il legame con quella domanda.
Dio ci chiede dei nostri fratelli… ci chiede cosa ne abbiamo fatto. Troppo spesso la risposta è: -Li abbiamo dimenticati Signore.
Penso che dovremmo accogliere l’invito del papa a sentirci tutti legati, l’uno all’altro. Dovremmo perciò iniziare dai piccoli, per provocare un cambiamento; dovremmo insegnare ai nostri bambini e ai nostri ragazzi che la collaborazione, la cooperazione sono molto più importanti della competizione; dovremmo, seguendo l’insegnamento di Maria, insegnare loro a dare valore alla dolcezza, a dare valore ad una parola affettuosa o ad un gesto carino.
Chiediamo a Maria di accompagnarci e sostenerci in questo compito… a Lei che, prima fra tutte, è stata maestra di GENTILEZZA.
Confidiamo in Lei affinché ci sostenga a seguire il suo esempio.
Natalina Gargiulo