Mese di maggio: “Insieme a Maria… noi tutti (Fratelli tutti – Conclusione)

Pubblicato giorno 2 giugno 2021 - Archivio, Insieme si può, Riflessioni

“Insieme a Maria… noi tutti, fratelli e sorelle”

-Un percorso avvincente-

 “Insieme a Maria… noi tutti, fratelli e sorelle”  è stato un cammino di fede articolato su riflessioni tratte dall’ultima Enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”.

In parrocchia, ricorderemo questo mese di maggio come un periodo insolito, ma molto partecipativo, perché ci ha visto attivamente coinvolti durante tutto il percorso mariano.

A fine aprile, fummo invitati da don Antonino a leggere e commentare l’ultima enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” per raccontarla ai fedeli, durante le omelie serali del mese di maggio.

Accettammo questa sua singolare proposta, ma eravamo dubbiosi e titubanti: sapevamo che avremmo dovuto esporre dall’altare le nostre riflessioni in modo chiaro e semplice, durante le celebrazioni serali, trasmesse in diretta streaming per raggiungere più fedeli.

Eravamo pochi e tra questi non tutti potevano garantire la costante presenza, considerati i molteplici impegni lavorativi e familiari.  Decidemmo di provarci, incoraggiati dal nostro parroco che ci promise supporto e sostegno in ogni momento di difficoltà perché -ci rassicurò- qualora non ci fossero state adesioni durante la settimana, sarebbe subentrato lui con l’omelia del mese mariano.

Erano previsti almeno due interventi a settimana.

Iniziammo con il primo finalizzato alla presentazione dell’iniziativa e dell’enciclica, focalizzando l’attenzione sui temi portanti dell’opera ovvero la fraternità e l’amicizia sociale e soffermandoci su due esempi di vero amore ricorrenti nel libro, cioè l’amore di San Francesco d’Assisi e quello del Samaritano.

L’esposizione trovò largo consenso e, con nostra grande sorpresa, incominciarono a registrarsi adesioni continue all’iniziativa tanto che nessuno di noi ha dovuto poi ricorrere a un secondo intervento. A chiedere di partecipare non erano solo persone adulte ma anche giovanissimi, tutti desiderosi di contribuire con le proprie meditazioni al dibattito e al confronto in un clima di mera collaborazione e mai di competizione.

Si sono così avvicendate all’altare, uno dopo l’altro, dieci persone e ognuna ha arricchito il discorso offrendo validi spunti di riflessione.

Ognuno ha scelto un capitolo dell’Enciclica e l’ha commentato a suo modo, considerando la propria esperienza e il proprio cammino di fede.

In sintesi, riporto l’elenco degli interventi relativi ai diversi capitoli dell’Enciclica:

 

I – Dalla comunicazione digitale alla comunicazione diretta. (Francesca Pane)

II – Da Gerusalemme a Gerico: accarezzando la sofferenza. (Teresa Pontecorvo)

III – Pensare e generare un mondo aperto. (Germana Pollio)

IV – Un cuore aperto al mondo intero. (Sabrina Terminiello)

     – L’amore è… guardare all’universale per il bene comune. (Emma Terminiello)

V – La migliore politica (Rosa Mastellone)

VI  – La forza del dialogo… tre esempi di autenticità.  (Natalina Gargiulo)

VII – Oltre se stessi: spostiamo lo sguardo verso gli altri. (Rita Guarracino)

VIII – Mese di Maggio: Le religioni al servizio della fraternità nel mondo. (Marisa Morvillo)

 

Tutte interventi, in elenco, sono stati pubblicati, di volta in volta, sul sito della parrocchia (http://www.nativitadimariavergine.it) per metterli a disposizione di tutti al fine di renderli accessibili anche a chi non ha potuto seguirci, in chiesa o in diretta, in modo da vivacizzare il dibattito anche dopo questo periodo.

A leggerli tutti si nota che hanno in comune l’amore e la fratellanza

e su questo mi sono soffermato io, a conclusione di questo cammino, a  fine mese di maggio.

Ho precisato che l’amore di cui parla papa Francesco è un amore sociale imprescindibile dalla fratellanza universale: l’uno richiama l’altra e viceversa.

È solo considerando gli altri come fratelli che possiamo entrare in relazione con loro, creare legami significativi e sperimentare l’amore sociale.

“ Al contrario -dice papa Francesco – non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a se stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte”.

Uscire da se stessi per incontrare l’altro non è per niente facile. Spesso ci fa comodo restare nel nostro ambiente di provenienza o nel nostro gruppo di amici dove ci sentiamo più sicuri e più protetti, ma così rischiamo di non crescere e di non arricchirci.

Nel nostro piccolo rischiamo di cadere nella “trappola dell’autoreferenzialità” vale a dire che a causa di forti legami intimi, familiari o amicali, rischiamo di considerarci i migliori e di chiuderci agli altri, ritenuti diversi da noi.

Questi atteggiamenti di chiusura e d’individualismo sono peggiori del virus pandemico che stiamo vivendo perché sono difficile da sconfiggere.

Quindi ci dobbiamo immunizzare per non averli.

Dobbiamo passare, come sostiene papa Francesco, da un’ottica individualistica ed egoistica  a una visione di apertura al mondo e agli altri, anche se stanno lontano da noi, se sono diversi per il colore della pelle o per l’appartenenza a etnie diverse dalla nostra o addirittura se professano una fede diversa dalla nostra.

Stare con gli altri significa mettersi in discussione, confrontarsi, aiutarsi e arricchirsi a vicenda.

Si riesce a creare questa rete di contatti umani solo se l’altro è visto come fratello, figlio dello stesso Padre.

Dice papa Francesco: “Abbiamo bisogno di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti. È necessario un dialogo paziente e fiducioso, in modo che le persone, le famiglie e le comunità possano trasmettere i valori della propria cultura e accogliere il bene proveniente dalle esperienze altrui”.

In relazioni così intese non esistono la competizione e la conflittualità perché ogni persona deve essere considerata unica, diversa e irripetibile: un fratello dunque che va accettato per così com’è e gli va posta attenzione e cura per farlo sentire bene e nel contempo si attinge quanto di buono è nelle sue esperienze.

Questa è l’amicizia sociale che va oltre la semplice relazione perché è comunione, non esclude nessuno. È fondata su un legame forte che tende all’universalità del sentimento: nell’antichità si usava il termine Agape per indicare quest’amore.

Un esempio di quest’amicizia è dato dal rapporto di buon vicinato, ancora presente in tanti quartieri popolari.

In questi luoghi ancora si conservano i valori comunitari -scrive papa Francesco- si vivono i rapporti di prossimità con tratti di gratuità, solidarietà e reciprocità, a partire dal senso di un “noi” di quartiere.

Così dovrebbe essere anche con i paesi vicini e con il mondo intero.

I tempi che viviamo però non vanno in questa direzione e perciò il Papa ci chiede un’inversione di rotta.

Il suo desiderio è chiaro: aspira alla formazione di una grande comunità composta di fratelli e sorelle che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Ben sapendo che tutti possono dare “un singolare apporto al bene comune, attraverso la propria originale biografia”.

È chiaro che in quest’ottica ha valore di pari dignità la vita di tutti: del malato e del sano, del disabile e dell’abile, del vecchio e del giovane, del povero e del ricco.

Bello l’esempio dei colori, riportato nell’Enciclica!

Se si attribuisce un colore diverso a ognuno di noi, ci apparirà una realtà multicolore, ricca di sfumature e per questo di rara bellezza. Ben diverso sarebbe se la realtà fosse monocromatica.

La diversità quindi arricchisce e non il contrario.

Ora, noi in quanto famiglia umana dobbiamo “imparare a vivere insieme in armonia e pace, senza che dobbiamo essere uguali”, anzi con i nostri molteplici colori.

Di qui la necessità dell’educazione alla fraternità, al dialogo e alla scoperta della reciprocità che ci insegni a trascendere noi stessi nel rapporto con gli altri.

Questo è possibile solo quando si considera la dimensione morale, spirituale e sociale della persona.

Solo allora nessuno rimarrà escluso, sparirà la cultura dello scarto, scompariranno le  ingiustizie sociali e tutti avranno “pari dignità” e “opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale”.

Ora, a chiusura del mese di maggio, non ci resta che ringraziare don Antonino De Maio, per quest’altra bell’opportunità che ci ha dato per farci crescere e arricchire spiritualmente, sia come persone sia come comunità in cammino, sotto la protezione di Maria.

Anna Guarracino