Mese di Maggio: Le religioni al servizio della fraternità nel mondo (Fratelli tutti, cap. VIII)

Pubblicato giorno 25 maggio 2021 - Archivio, Insieme si può, Riflessioni

 

Le religioni al servizio della fraternità nel mondo

Nell’ottavo capitolo dell’enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco si sofferma sull’importanza di accettare la diversità tra religioni, affermando che, appunto, le diverse religioni offrono un prezioso apporto per la costruzione della giustizia nella società.

Le religioni, però, possono unire, ma anche dividere. Possono essere fattore di unità, integrazione e armonia, o essere elementi conflittuali. Spesso il conflitto è di altra natura, questo lo dice anche la storia. Il conflitto, può essere politico, economico, etnico e sociale. La religione, spesso, è utilizzata, strumentalizzata, pur non essendo la causa del conflitto. Qui entra in gioco la responsabilità degli uomini di religione di non diventare strumenti della contrapposizione e della violenza. Perché nessuna guerra è Santa. Infatti è responsabilità di tutte le religioni, quella di delegittimare la guerra ed il conflitto, la violenza in genere, e di lavorare per la pace.

Ormai si parla sempre più spesso di pluralismo religioso e culturale e della vicinanza tra i diversi, si punta ad una coabitazione e ad una polarizzazione, come per esempio tra Occidente e mondo islamico.

L’11 settembre del 2001, purtroppo però, ha segnato l’inizio del secolo e del millennio, aprendo conflitti ovunque e ha segnato una frattura anche nel dialogo interreligioso.

Allora ci si è posti delle domande: A che serve il dialogo? Qual è la sua efficacia? È debolezza o tradimento? Da lì, la crisi del dialogo con l’islam, già considerato da molti, violento, inconciliabile con la modernità e la democrazia. Il passo è breve da Islam – islamismo – immigrazione – clandestinità – terrorismo… tanto che l’islam, in Italia, sembra sia diventato un problema di ordine pubblico o sicurezza, piuttosto che di diversità di religione.

Io mi domando se sarà possibile, un domani, in un futuro prossimo, creare una sana convivenza tra persone appartenenti a religioni diverse.

Viviamo un epoca dove si fa di tutto per accettare qualcosa o qualcuno “diverso”, rispetto a noi. “Noi” inteso come concetto di appartenenza, cioè facenti parte di una determinata classe sociale, una determinata religione e con tratti somatici e colori della pelle propri del nostro luogo di origine. Dunque, la diversità è relativa e dipende strettamente dalla circostanza cui ci si trova. Un cristiano, ad esempio, non viene visto diverso in una comunità di cristiani, viceversa, potrebbe esserlo in una comunità di musulmani. Quindi abrogherei il termine a-normalita’ definendolo, qualcos’altro rispetto alla “nostra” di quotidianità. Non necessariamente “discordante “. Così accade che uomini appartenenti allo stesso genere (quello umano), si trovino a combattere l’uno contro l’altro in nome di un Dio in cui tutti credono… La difficoltà, sfocia nell’impossibilità di adattarci ad accettare l’altro.

Il problema si crea quando mancano l’umanità e il rispetto, allora, la persona umana, diventa dis-umana e si permette di considerare non più “essere vivente” dotato di dignità, quello che non rispetta i canoni o le modalità abituali.

Il problema è che non sono le religioni ad urtare tra loro, ma l’uso che l’uomo ne fa. Si creano inimicizie e scontri in nome di un Dio: è come se lo avessero tagliato in tanti piccoli pezzi, per darne un po’ ai cristiani, un po’ ai musulmani e un po’ a tutte le altre religioni. Un Dio di tutti, ma che così, diventa di nessuno, perché tutti ne parlano, ma pochi si comportano come Lui ci insegna. Ma questo non stupisce, a volte l’uomo è fatto in modo strano: organizza guerre per raggiungere la pace e predica l’amore di Dio attraverso la violenza. Un giorno, al di là dei fanatismi e della voglia di potere, potrebbe accorgersi che davanti ai suoi occhi, non ha un diverso da combattere, ma un fratello da amare. Allora potrà dirsi veramente figlio di un Dio, qualsiasi esso sia.

Vorrei concludere questa mia riflessione, ricollegandosi alla parte conclusiva del capitolo, dove Papa Francesco, cita alcune persone dalle quali si è sentito ispirato in queste riflessioni sulla fraternità universale.

Tra i tanti nomi, ricorda, in modo particolare, una persona di profonda fede, per la sua intensa esperienza di Dio, nella quale ha compiuto una trasformazione fino a sentirsi “fratello di tutti” e cioè il beato Charles de Foucauld, del quale ho approfittato per leggerne la biografia.

Fratel Paolo Maria Barducci, priore generale dei “Piccoli fratelli di Jesus Caritas”, in un un’intervista ad Avvenire, ha detto di lui: Lui che ha danzato la vita con Dio, si è fatto guidare su strade che forse non avrebbe mai immaginato di percorrere, si è lasciato condurre dallo Spirito. Non ha elaborato una spiritualità, ma ha dato un messaggio spirituale attraverso la sua vita.

Ed è con le parole di una preghiera scritta da Charles de Foucauld che voglio concludere questo mio pensiero. Possa essere la nostra, non soltanto nel nostro ultimo istante, ma in tutti i nostri istanti: –Padre mio, io mi abbandono a Te, fa di me ciò che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio!

Marisa Morvillo