Oltre se stessi: spostiamo lo sguardo verso gli altri.
La mia è una breve riflessione sulla ricerca di nuovi percorsi per farci incontrare come fratelli e creare nuove speranze per il futuro.
Oggi ognuno di noi è concentrato su se stesso.
Proviamo a spostare lo sguardo anche sugli altri?
Come fare?
E’ proprio Papa Francesco ad indicarcelo nell’enciclica “Fratelli tutti”
Il Papa infatti ci invita a cambiare rotta, a reimpostare il nostro modo di vivere per sentirci tutti fratelli e avviare percorsi di pace che durano nel tempo.
Quando Papa Francesco iniziò il suo pontificato, la cosa che più mi colpì fu l’invito rivolto a tutti noi, a tutti i fedeli di ripartire dalla grotta di Betlemme, rinascere con Cristo per seguire i suoi insegnamenti.
Cristo si è fatto uomo per vivere la nostra stessa condizione umana, per conoscere i nostri limiti ed insegnarci ad essere tutti uniti, dove ognuno si prende cura dell’altro.
Ma noi lo siamo?
Proprio no. Purtroppo siamo abituati a far prevalere sempre i nostri interessi, modellati da una società consumistica che ci ha abituati a pretendere sempre di più e a non saperci accontentare del poco.
Per poter realizzare il sogno di Papa Francesco, che poi è il sogno di tutti noi, come per realizzare qualsiasi opera, bisogna ripartire da zero e passo dopo passo iniziare a costruire. Mattoni su mattoni viene su una grande casa.
Ma per costruire c’è bisogno di manodopera e il Papa invita tutti noi a diventare, come egli stesso li definisce ” Artigiani di pace”, ovvero uomini e donne di buona volontà che mettono in gioco ognuno le proprie capacità, attitudini, bravure e competenze e invita attraverso tutti i mezzi che sono a nostra disposizione, compresi i social, a raggiungere i fratelli, specialmente quelli più soli e bisognosi e a creare nuove speranze nei cuori di tutti, tessendo relazioni tra noi che oltre a non farci sentire soli creano un legame di condivisione che ci aiuta a migliorare tutti, come consigliava anche il professore don Carmelo Torcivia, nell’ultimo incontro della pastorale famiglia.
Don Carmelo ci esortava a raggiungere tutte le famiglie lontane, specialmente quelle che non frequentano la comunità, non perché meno cristiane di noi,ma perché hanno più difficoltà ad inserirsi.
Oggi paradossalmente si è soli e non si riesce più a fidarsi dell’altro. Però quando manca il confronto si rimane chiusi in se stessi ed è più facile sbagliare. Tutti siamo stati travolti da uno stile di vita frenetico e caotico. Non c’è più tempo per riflettere sulle decisioni da prendere anzi molte volte è proprio la fretta a farci prendere decisioni sbagliate.
Oggi l’umanità tutta è in crisi, discordie guerre e conflitti si evidenziano tra le famiglie, nelle comunità, nelle società, tra gli Stati.
Bisogna sperare in un mondo migliore, ma la speranza da sola, senza azione non basta. Bisogna mettere in atto meccanismi di collaborazione per poter FORMARE con lungimiranza coscienze nuove.
Madre Teresa di Calcutta, quando le venne chiesto da dove iniziare per migliorare il mondo, rispose ” inizia da te stesso”. E’ quello che siamo chiamati a fare tutti noi.
Le cause di discordie possono essere di varie nature: economica, (tutte le dispute sull’eredità, per interessi) morale (un torto, una violenza che ha prodotti danni seri su chi l’ha subito) sociale (interessi di parte che arricchiscono determinate persone o categorie e ne impoveriscono altre).
Alla base di queste discordie c’è in comune una carenza di valori, che fa primeggiare l’interesse personale sul bene comune!
Bisogna risalire all’origine di ogni crisi, cercare la vera causa della discordia, valutare gli errori commessi, e sulle basi di questo trovare nuove soluzioni per il futuro.
Papa Francesco ci insegna che la verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia.
Perciò bisogna con consapevolezza trovare la vera causa di ogni discordia, fare e pretendere giustizia, facendo memoria dei danni che la discordia ha provocato sulle persone o sulle persone, che non possono essere nascosti o dimenticati, perché resteranno sempre nel cuore di chi li ha subiti.
Verità è confessare cosa è successo e riconoscere il dolore degli altri.
Papa Francesco ci dice che “ogni violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità ” (n.227)
Dopo aver cercato la causa della discordia bisogna aprire il cuore alla misericordia e non alla vendetta perché la vendetta produce odio mentre la misericordia produce perdono.
Il perdono è sempre ed unicamente la strada giusta per costruire la pace.
Dunque, per poter avviare processi di pace, bisogna rompere la catena di vendetta che facilmente si instaura nel cuore di chi vuole rivendicare le proprie ingiustizie subite.
Siccome queste sono condizioni che riguardano ognuno di noi, perché tutti abbiamo subito ingiustizie e a nostra volta abbiamo compiuto atti di ingiustizia, e ‘ dovere di tutti noi, indistintamente avviare processi di pace se vogliamo una umanità migliore per i nostri posteri.
0gnuno di noi può essere portatore di pace, di speranza e di riconciliazione, favorendo la cultura dell’incontro, del rispetto della dignità di ogni essere umano. Nessuna persona ha il diritto di sentirsi superiore ad un’altra.
Mi piace l’immagine che papa Francesco da dell’umanità:” Un poliedro con tantissime facce diverse, ognuna con le proprie singolari caratteristiche, che formano un solido fantastico”.
Ognuno di noi deve imparare a rispettare e a sua volta insegnare a far rispettare i beni comuni evitando che gli interessi di pochi prevalgono sugli interessi di tutti.
Solo così potremo auspicare ad una società migliore.
La pace non è assenza di guerre o di discordie o di conflitti ma è l’impegno continuo a tutelare la dignità di ogni singola persona, soprattutto quella dei più deboli, emarginati esclusi e poveri.
Per superare le discordie e far prevalere il bene sul male bisogna ristabilire un rapporto tra le parti.
Molte volte si finge una pace apparente, che non ha riscontro nella vita reale, perché si cerca di fuggire, di non affrontare il problema che ha causato l’ingiustizia subita.
In questi casi ci sarà il perdono ma ci sarà una conflittualità mai risolta. L’importanza èsempre perdonare, evitando però di cadere in ulteriori conflitti.
Gesù ci invita a perdonare sempre. Quando Pietro gli chiese se dovesse perdonare sette volte il fratello che sbagliava nei suoi riguardi lui rispose “non ti dico fino a sette ma fino a settanta volte sette.”
Quando facciamo memoria delle ingiustizie subite però sarebbe bene anche far memoria delle tante belle cose che ci capitano nella vita e ci accorgeremo che il bene opera sempre.
Quante volte anche noi non siamo capaci di perdonare.
Molte volte non riusciamo a perdonare perché il torto ricevuto ha creato delle crepe dentro di noi.
Conoscete la storia del vaso giapponese?
Un signore possedeva un bellissimo vaso di valore.
Un giorno si ruppe, si frantumò in tanti pezzi.
Il signore li raccolse tutti e li incollò, con tristezza si rese conto che il vaso aveva perso la sua bellezza iniziale.
Lo depose in un armadio, ma ogni giorno con tanta pazienza andava a coprire una crepa con oro calato. Coperte tutte le crepe il vaso divenne ancora più bello e prezioso di prima.
E’ sempre soggettiva, resta sempre nostra la scelta di lasciare il vaso con le crepe nell’armadio o rimarginarlo ed impreziosirlo.
Perdonare, significa far persistere sempre nel cuore la speranza di recuperare anche l’altro, senza giustificare però il comportamento sbagliato. Molte volte rimaniamo meravigliati da certe mamme eroine che hanno avuto il coraggio di perdonare l’assassino del loro figlio. Donne encomiabili, ma noi non dobbiamo cadere nell’errore di giudicare chi poi questa forza d’animo non la possiede, anche perché il perdono, come il lutto richiede tempi di maturazione diversi per ognuno di noi
Perdonare è un atto di coraggio, di forza, non certo di debolezza, che serve prima a se stessi, per ritrovare quella pace interiore che è stata offuscata, annebbiata dall’ingiustizia subita. L’esperienza del perdono non è quella di risolvere la discordia o di rimarginare la ferita causata ma è quella di decidere nel momento in cui si perdona di amare, amare noi stessi e gli altri, perché il primo atto di amore nel perdonare lo facciamo a noi stessi consapevoli che è nella maniera che siamo capaci di amare che saremo anche capaci di perdonare.
L’augurio che faccio a me e a voi è che sull’esempio di Cristo e della Vergine Maria impariamo sempre più ad amare, così che ci sarà sempre più facile perdonare….
Solo così potremo sperare che il sogno di Papa Francesco inizia a prendere forma.
Rita Guarracino